Fabio Casartelli nasce a Como il 16 agosto 1970 e risiede con la famiglia – papà Sergio (un passato da ciclista dilettante) e mamma Rosa – ad Albese con Cassano. Inizia a correre molto presto, già a nove anni è in sella, difendendo i colori della Mobili Zappa di Cremnago (categoria Primavera). “Firma” ben 40 successi in quattro anni, il primo ad Orsenigo, a pochi passi da casa, lasciando intravedere le sue caratteristiche di passista-veloce. Passa all’U.C. Puginatese (esordienti e prima stagione da allievo) dove raccoglie solo piazzamenti, mentre con il G.S.C. Breccia (sempre da allievo) conquista una vittoria.
Il battesimo tra gli juniores avviene con una fra le società di maggior prestigio nella provincia di Como, la Comense-Banca Briantea. La maglia rossoblu proietta Casartelli alla ribalta per ben tre volte nel primo anno (Cucciago e Pinarolo Po ricordate con maggiore soddisfazione) e una nel secondo. Ma a metà del secondo anno da junior un fastidioso virus (la mononucleosi) gli impone un lungo stop. Il coriaceo e determinato albesino – che nel frattempo ottiene il diploma di perito elettrotecnico – non si perde d’animo; reagisce, con gran carattere, e centra due “bersagli” al passaggio tra i dilettanti di 2° serie (avvenuto nel 1989 con la Remac di Brescia).
Tre vittorie nel ’90, con la nuova formazione (la Diana). A luglio nuovo, brutto contrattempo: è investito da un’auto a Pistoia e salta la seconda parte della stagione. Casartelli si riprende anche da questa disavventura e ritorna in sella nel ’91. La formazione è la Domus ’87 di Bergamo diretta da Olivano Locatelli. È qui che il suo talento emerge in maniera definitiva con ben sette affermazioni (Montecarlo-Alassio e G.P. Capodarco le più significative).
Il 1992 è il suo anno magico, dieci vittorie con un “filotto” di quattro “internazionali”: di nuovo la Montecarlo-Alassio, il G.P. Diano Marina, il Trofeo Longera ZSSDI in Slovenia ed il Trofeo Caduti di Soprazocco ed infine la “gemma” olimpica del 2 agosto a Barcellona che lo proietta nella leggenda del ciclismo. Logico che i migliori team professionistici cerchino di ottenerne i servigi. La spunta la “Ceramiche Ariostea”, formazione ricca di talenti, dove Fabio fornisce subito prestazioni confortanti.
Si impone nella tappa di Flero della “Settimana Bergamasca” e debutta ottimamente al Giro d’Italia facendo sua la classifica del G.P. Lotteria (traguardi volanti).
Al Giro di Svizzera il solo Johan Museeuw gli è superiore negli sprint ma a fermarlo è la frattura dello scafoide che gli impedisce di vincere la classifica a punti, ormai sua, compromettendogli anche il resto della stagione.
Nel 1994 Casartelli passa alla “ZG Mobili-Selle ltaIia-Bottecchia”, un’annata-calvario per via di tutta una serie di guai fisici, culminati con un’operazione al ginocchio, che ne limita prestazioni e risultati. In pratica Fabio “deve” ripartire da zero, sceglie la “Motorola” di Lance Armstrong, ambiziosa formazione multinazionale, dove ritrova l’amico Andrea Peron.
I consigli del direttore sportivo James Ochowicz e del team manager Hennie Kuiper, la vicinanza del dottor Massimo Testa, il medico comasco che ha “indirizzato” Fabio verso la “Motorola”, giovano a Casartelli che in un ambiente per lui ideale ritrova morale scoprendo nuovi obiettivi. Agli amici più intimi confida di tornare a sentire quelle sensazioni, e quella forma, che lo aveva fatto grande nel 1992. Non riesce a dimostrarlo, il destino, ancora una volta, non è benevolo nei suoi confronti.
Il 18 Luglio 1995 si disputa la Saint Girons-Cauterets, 15ª tappa dell’82° Tour de France. Al km 34, lungo la discesa del Col de Portet d’Aspet una caduta coinvolge sei corridori e fra questi Fabio che resta immobile sull’asfalto, in posizione fetale. I soccorsi non possono nulla, la corsa della sua vita è terminata. Fabio Casartelli lascia la moglie Annalisa Rosetti, sposata a Forlì l’11 settembre del 1993, e il piccolo Marco nato a Como il 13 maggio del 1995.
La sua personalità, così umana e generosa, ne aveva fatto un amico vero per tutti i compagni e gli appassionati che lo seguivano: la sua modestia e simpatia l’hanno fatto tanto amare che il suo ricordo, insieme al rispetto per le sue capacità professionali, si mantiene vivo ancora oggi.